A cura del Dott. Melo Martella – Dottore Commercialista

Il D. Lgs. 8 giugno 2001 n° 231, secondo quanto previsto dall’art. 11 della legge delega 29 settembre 2000, n° 300, ha introdotto nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione (c.d. “apicali”), e da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di questi ultimi.

E ciò, per adempiere a quanto disposto dall’UE che, al fine di responsabilizzare l’intero Ente, ha ritenuto non fosse più sufficiente irrogare sanzioni individuali ai rappresentanti dell’Organizzazione, ma fosse altresì necessario prevedere sanzioni a capo dell’organizzazione, anche a seguito delle crescenti ipotesi di criminalità economica penalmente rilevanti.

Il presupposto per la comminazione di sanzioni all’Ente è la “Colpa dell’organizzazione” per non aver saputo adottare adeguati modelli organizzativi/gestionali atti a prevenire per tempo il reato.

L’Ente, quindi, può essere considerato responsabile se, prima della commissione del reato da parte di uno dei soggetti sopra indicati (funzionalmente collegati allo stesso Ente), non abbia adottato ed attuato modelli efficaci di organizzazione e gestione, idonei a prevenire, quindi ad impedire, il verificarsi di comportamenti illeciti.

L’adozione di tali modelli organizzativi è pertanto solo apparentemente facoltativa, considerato che essa può costituire una esimente o un’attenuante nei casi di procedimenti giudiziari a carattere penale che possono riguardare l’Ente ed il management, a condizione però che il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza di tali modelli sia stato affidato ad un apposito Organismo di Vigilanza. Ed oggi l’importanza dell’adozione del MOG è ancora maggiore, se si considera che la responsabilità amministrativa dell’Ente, inizialmente prevista per i reati contro la pubblica amministrazione (art. 25 D.Lgs. 231/2001) o contro il patrimonio della P.A. (art. 24), è stata via via estesa, con successivi provvedimenti normativi a numerose altre categorie di reati.

Il Modello Organizzativo garantisce, inoltre, un miglioramento dell’organizzazione aziendale, assicurando al contempo maggiore efficienza ed efficacia alle dinamiche interne agli Enti.

Ed ancora, le previsioni del Modello Organizzativo e l’attività di vigilanza svolta dall’OdV possono rappresentare uno strumento utile, riprendendo l’art. 2086 c.c., «anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale», specie per la rilevazione di segnali premonitori della crisi e per l’analisi di fatti di gestione che, ove ripetuti, potrebbero aggravare la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa conducendola allo stato di crisi. Ed invero, il Modello presuppone l’avvio di appositi flussi informativi sulle attività sensibili delle aziende verso l’OdV, nonché le informative periodiche dell’OdV all’Organo amministrativo. In buona sostanza, gli adeguati assetti trovano nel MOG un riferimento certo ed una solida base per la propria strutturazione. E l’adempimento delle disposizioni di cui all’art. 2086 c.c. consente alle imprese di prevenire diversi reati rilevanti ai sensi del D.Lgs. 231/2001 (quali, a titolo esemplificativo ancorché non esaustivo, i reati societari).

Si ritiene opportuno, a questo punto, evidenziare come ormai siano sempre più numerose e ricorrenti le sentenze di merito e di legittimità – specie della Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione – che enfatizzano il ruolo dei Modelli organizzativi all’interno degli Enti, al fine di potere accertare con maggiore attendibilità le reali responsabilità delle figure apicali e degli stessi Enti. Ed in tale contesto, emerge, proprio che “La ricorrenza di (…) carenze organizzative, in quanto atte a determinare le condizioni di verificazione del reato presupposto, giustifica il rimprovero e l’imputazione dell’illecito al soggetto collettivo, oltre a sorreggere la costruzione giuridica per cui l’ente risponde dell’illecito per fatto proprio (e non per fatto altrui). Ciò rafforza l’esigenza che la menzionata colpa di organizzazione sia rigorosamente provata e non confusa o sovrapposta con la colpevolezza del (dipendente o amministratore dell’ente) responsabile del reato” (Cass. Pen. Sez. IV, 18413/2022).

In conclusione ed in estrema sintesi, da quanto precede emerge che dal punto di vista tecnico giuridico l’adozione del MOG non è un obbligo ma di fatto se non lo si adotta si espone la società a sanzioni amministrative ed il management ad azioni di responsabilità in sede civile con richieste anche di risarcimento danni.